top of page

 Dott.ssa Federica Budroni

Considerazioni nutrizionali applicate alla chirurgia ortognatica

maxillofacial-surgery-03.jpg

Nel paziente sottoposto a chirurgia dentale e nello specifico a chirurgia ortognatica, sono diversi gli aspetti che si basano sullo stato nutrizionale. Questo è un fattore che dovrebbe essere attentamente valutato nel paziente candidato a chirurgia maxillofacciale, infatti lo stato nutrizionale preoperatorio fornisce al chirurgo una indicazione di come il paziente risponderà allo stress della chirurgia, tenendo in considerazione che, nel periodo intraoperatorio, il paziente perde grandi quantità di liquidi, sangue e nutrienti (1-2). 

Durante il postoperatorio, il paziente viene almeno per le prime 3 settimane sottoposto ad una dieta liquida o semiliquida, che può causare una notevole perdita di peso, con conseguente impatto sullo stato nutrizionale. In questo periodo inoltre, può mostrare edema, dolore e parestesie, rendendo difficile alimentarsi (2-3). 

La malnutrizione è uno dei fattori che maggiormente contribuiscono alla morbilità post-chirurgica (1) e la perdita di peso (WL) è uno dei principali effetti collaterali in chirurgia ortognatica. Nel postoperatorio infatti, il paziente può perdere fino a 6 kg, con una maggiore WL nei pazienti maschi (4).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La definizione WHO di malnutrizione è “lo squilibrio cellulare tra apporto di nutrienti e di energia e la quantità di questi necessaria al corpo per garantire la crescita, la manutenzione, e le funzioni specifiche dell’organismo”. Se si vuole invece focalizzare l’attenzione sulla influenza della malnutrizione sullo stato di salute e l’inevitabile interazione con il decorso clinico della malattia di base la si può definire con Stratton come “quella situazione in cui un deficit od un eccesso (oppure uno squilibrio) di energia, proteine, ed altri nutrienti porta ad effetti misurabili indesiderati sulla composizione corporea o sulla funzionalità di organi e tessuti, e sulla prognosi a breve/lungo termine”. La malnutrizione ha un forte impatto sulla performance immunitaria con riduzione dell’immunità cellulo-mediata (anergia), riduce la tolleranza ai trattamenti antineoplastici, incrementa la probabilità di complicanze postoperatorie con maggior rischio di infezioni e deiscenze delle suture.

 

La capacità del corpo umano di guarire in seguito ad una lesione è strettamente dipendente non solo dal tipo di lesione ma essenzialmente dalla presenza di depositi di energia potenziale e substrati chimicamente attivi, definiti come stato nutrizionale, che variano con la disponibilità di un apporto nutrizionale non solo sufficiente e continuativo ma soprattutto completo (2-5).

La bocca è la porta di ingresso del cibo nell’organismo, pertanto la malattia della regione orale e maxillofacciale e/o la chirurgia a carico di queste strutture può causare un’alterata assunzione di alimenti sia prima che dopo l'intervento chirurgico (6). Risulta quindi fondamentale curare gli aspetti nutrizionali del paziente sottoposto a questo tipo di riabilitazione, valutando prontamente un eventuale rischio di malnutrizione per consentirne la correzione e quindi favorire il recupero del paziente.

​

​

Le conseguenze della malnutrizione nei pazienti chirurgici  

Una scorretta alimentazione sia in termini quantitativi che qualitativi, determina perdita di grasso, di massa muscolare, pelle e, in ultima analisi, ossa e visceri, con conseguente perdita di peso, e espansione del compartimento liquido extracellulare (6).

La malnutrizione si accompagna a una riduzione della capacità di lavoro a livello cellulare, ostacolando le normali risposte omeostatiche soprattutto rispetto a eventi di stress come la chirurgia o malattia critica (7).

Un organismo sottoposto a stress a seguito di traumi o lesioni mette in moto al suo interno un’insieme di cambiamenti ormonali e metabolici che comportano una reazione sistemica con molteplici effetti endocrinologici, immunologici ed ematologici volti a contrastare l’azione lesiva iniziale. Tale risposta, inizialmente di difesa, a volte eccede tale scopo e diviene essa stessa parte del quadro patologico che vorrebbe contrastare.

​

La risposta endocrina è attivata da impulsi neuronali afferenti dal sito di lesione. Fin dagli anni ’50 si è ipotizzata l’esistenza di “ormoni della ferita” prodotti dai tessuti danneggiati e responsabili dell’attivazione dell’asse ipofisi-surrene. L’effetto netto della risposta endocrina alla chirurgia è un aumento della secrezione di ormoni catabolici con la creazione di uno stato ipermetabolico, aumentando il fabbisogno proteico ed energetico. I macronutrienti (grassi, proteine, e glicogeno) presenti nelle riserve del tessuto lipidico e muscolare scheletrico vengono ridistribuiti a tessuti più metabolicamente attivi come il fegato e gli organi viscerali. Questa risposta, se non supportata da un adeguato introito calorico, può portare alla comparsa di malnutrizione proteico ​​energetica entro pochi giorni (8). In termini evolutivi, sembra probabile che la risposta allo stress si sia sviluppata come meccanismo di sopravvivenza fino alla guarigione delle ferite. Utilizzando i combustibili immagazzinati nel corpo e trattenendo il sale e l’acqua, l’organismo ha avuto la possibilità di sopravvivere senza cibo fino a guarigione. Ma oggi, nella pratica chirurgica e anestesiologica attuale, è lecito chiedersi se la risposta allo stress resti necessaria, o almeno non sia più opportuno pensare ad un suo controllo e modulazione. (31)

​

Lo sviluppo di malnutrizione postoperatoria dipende dal preesistente stato nutrizionale, dalla natura e la complessità della procedura chirurgica, e dal grado di ipermetabolismo.

Di particolare interesse per i pazienti sottoposti a chirurgia sono i rischi di infezione post-operatoria, la guarigione delle ferite e la guarigione ossea. 

​

La malnutrizione porta a disfunzioni del sistema immunitario alterando l’attivazione e la produzione del complemento, l’opsonizzazione batterica, e la funzione dei neutrofili, macrofagi e linfociti (9), con conseguente aumentato rischio di infezioni postoperatorie. 

I pazienti con malnutrizione inoltre hanno tassi più lenti di guarigione delle ferite (10), anche se la maggior parte delle ferite alla fine guarisce da sola (11).

​

​

Nutrizione e guarigione delle ferite

​

La guarigione delle ferite è un processo continuo in cui ogni fase (l’emostasi, l'infiammazione, la proliferazione e il rimodellamento) richiede una serie di nutrienti specifici con aumentate richieste metaboliche di proteine o aminoacidi, vitamine, e minerali (12). 

La terapia nutrizionale nella regolazione della guarigione delle ferite si basa su due concetti fondamentali (13-11). Il primo concetto è che la malnutrizione è associata ad un aumentato rischio di complicanze. Il secondo concetto è che l'intervento dietetico, sotto forma di supporto nutrizionale completo o supplementazione di un singolo nutriente, possa migliorare o accelerare il processo di guarigione (13-11). 

L'obiettivo principale che ci dobbiamo porre nella gestione della ferita chirurgica è quello di ottenere una guarigione veloce, senza complicanze, con il minimo dolore e disagio per il paziente. Capire il processo di guarigione e le influenze nutrizionali sull'esito della ferita è fondamentale per una gestione efficace dei pazienti. 

​

I pazienti sottoposti a chirurgia richiedono principalmente un adeguato apporto di proteine nobili ​​e di energia. Il nostro organismo può ricavare energia dai tutti i micronutrienti (carboidrati, proteine ​​e acidi grassi) (6), nonostante ciò, risulta fondamentale un apporto adeguato di carboidrati al fine di evitare il catabolismo proteico e il metabolismo degli acidi grassi (6), lasciando alle proteine il ruolo fondamentale di riparazione e ricostruzione tissutale. D’altro canto, anche l'eccesso di glucosio o l’iperglicemia possono essere dannosi in quanto si traducono in diminuita funzione dei leucociti, disidratazione e acidosi (6). La guarigione della ferita richiede quindi energia, energia che dovrebbe essere fornita da fonti esogene senza la necessità di intaccare le riserve corporee e di conseguenza lo stato nutrizionale del paziente (6). 

​

I ricercatori che hanno studiato le complesse dinamiche della riparazione tissutale hanno inoltre identificato diversi cofattori nutrizionali coinvolti nella rigenerazione dei tessuti, tra cui le vitamine A, C ed E, lo zinco, gli aminoacidi arginina, glutamina, e la glucosamina (15).

Risulta quindi fondamentale curare non soltanto l’aspetto energetico-proteico della dieta del paziente sottoposto a chirurgia, ma anche, con l’ausilio di integratori nutrizionali,  la qualità dell’alimentazione che deve essere ricca di fonti naturali di antiossidanti, vitamine e minerali specifici.

Nutrizione e infiammazione

Esistono numerose sostanze, prevalentemente di origine vegetale, in grado di contrastare i processi infiammatori e favorire la rigenerazione dei tessuti in maniera più o meno diretta. Alcune di queste sostanze sfruttano le loro proprietà antiossidanti; altre stimolano il reclutamento delle cellule satelliti, favorendo la rigenerazione tissutale, e modulano la risposta immunitaria in senso anti-infiammatorio (16); altre ancora possono inibire enzimi adibiti alla distruzione dei tessuti elastici come collagenasi e elastasi (17), o enzimi che producono citochine pro-infiammatori (18). Tra le sostanze più conosciute ci sono gli acidi grassi omega-3 (ω-3) e omega-6 (ω-6) e gli aminoacidi essenziali.

​

Nutrizione e  guarigione delle fratture

​

La prognosi della chirurgia maxillo-facciale dipende dalla guarigione ossea (6) e le proteine insieme ad altri importanti micronutrienti svolgono un ruolo fondamentale nella riparazione delle fratture. La malnutrizione determina una riabilitazione più lunga e facilmente suscettibile a infezioni(6).

Le sostanze d’elite nel metabolismo dell’osso sono sicuramente il Calcio e la vitamina D.

È noto che l'assunzione di calcio è spesso sostanzialmente più bassa delle RDA e un recente studio condotto su pazienti affetti da parodontite ha confermato questa scoperta (19). Solo il 7% dei partecipanti allo studio, aveva infatti un consumo sufficiente (>= RDA) di calcio e vitamina D (19). Alcuni autori, inoltre, rimarcano come pazienti con quantitativi sufficienti di vitamina D nel siero (>20 ng/ml di 25-idrossivitamina D (25-OH-D)) abbiano un migliore risultato chirurgico postoperatorio e un guadagno osseo > a 6/12 mesi dall’intervento, rispetto ad individui con livelli sierici <20 ng/ml di 25-OH-D (20). Anche se, nella popolazione generale, è in genere più bassa rispetto ai livelli raccomandati, una corretta assunzione di calcio è facilmente ottenibile dalla dieta con l’utilizzo mirato di alcuni alimenti (latte e latticini soprattutto, ma anche pesci e vegetali), di prodotti commerciali fortificati e per ultimo, ma non meno importante, di certi tipi di acque minerali che sono particolarmente ricche di questo micronutriente. Per ciò che riguarda la vitamina D invece il discorso è diverso. Solo pochi alimenti, tutti di origine animale, contengono quantità significative di vitamina D. per arrivare a livelli sierici ottimali, sarebbe necessario un consumo abbondante di pesce grasso e di uova. Sarà dunque difficile raggiungere le RDA se non mediante fortificazione di alimenti o ancora meglio sarebbe auspicabile una supplementazione condotta, come dimostrato da alcuni studi, già 3 mesi prima dell’intervento, tempo necessario per raggiungere sufficienti livelli sierici (21). 

​

Piano terapeutico nutrizionale

​

La dieta di base per i pazienti chirurgici dovrebbe prevedere un’adeguata quantità di energia, proteine, vitamine e minerali (14). Durante il processo di guarigione, la spesa energetica aumenta, in particolare nella fase iniziale; se il trauma è grave si arriva fino a circa il 20% in più. Considerando gli effetti negativi della restrizione calorica sulla sintesi proteica e la sua capacità di accelerare il catabolismo, si dovrebbe operare considerando un surplus energetico, anche rischiando un leggero aumento di peso piuttosto che un eccessivo catabolismo (22). L’energia dovrebbe inoltre essere assicurata da un apporto calorico adeguato di carboidrati e lipidi, lasciando alle proteine un ruolo prettamente strutturale (14). 

Eccezion fatta per quelli che necessitano di nutrizione artificiale, i pazienti di chirurgia maxillo-facciale dovrebbero seguire una dieta che comprenda tutti i gruppi di alimenti per ottenere una nutrizione ottimale:

​

​

​

Schermata 2018-11-23 alle 15.25.40.png

Consistenza degli alimenti

Per ciò che riguarda la consistenza degli alimenti e la via di somministrazione, esistono diverse modalità dipendenti dal periodo post operatorio. Nonostante nei primi tempi ci possa essere qualche difficoltà ad alimentarsi si consiglia vivamente la ripresa dell’alimentazione per un più pronto superamento delle disabilità dovute all'intervento e il ritorno ad uno stato di benessere.

Sono 4 le fasi attraverso le quali l’alimentazione cambierà gradualmente di consistenza fino al raggiungimento di una normale capacità masticatoria:

​

  • dieta liquida/semiliquida

  • dieta semisolida

  • dieta solida morbida

  • dieta solida con precauzioni

Che mangia una mela

Tutti i pazienti dovrebbero essere sottoposti ad una valutazione di tipo nutrizionale nel periodo perioperatorio e questo dovrebbe essere parte integrante di un approccio multidisciplinare nella gestione dei pazienti in particolare modo se presenti deficit nutrizionali. La valutazione dello stato nutrizionale dovrebbe comprendere la storia del peso (peso preoperatorio, se presente una recente perdita di peso, accompagnata nel caso, da perdita di appetito, la capacità di deglutire o la perdita non intenzionale di peso corporeo superiore al 10 % in 6 mesi è da considerare un fattore di rischio (26)), la valutazione del bilancio energetico attraverso una valutazione dell’intake giornaliero e gli indici antropometrici, alla ricerca di eventuali segni di malnutrizione che come precedentemente affermato potrebbero non solo ritardare ma anche compromettere la buona riuscita l’iter terapeutico. (27)

bottom of page